''Vi parlerò di quel profumo coinvolgente, di quel suo respiro trattenuto, al quale è impossibile opporre resistenza, che anticipa tutto ciò che si sente in bocca subito dopo aver avvicinato il bicchiere alle labbra. Di quel profumo che può essere un effetto del sole, di un’alba radiosa o delle nuvole che precedono la pioggia. Di quel profumo che forse è l’aspetto sensoriale più straordinario del vino, perché è anche il linguaggio della sua composizione, della sua storia, delle sue tradizioni, dei territori in cui nasce e dei microclimi che ne accarezzano i giorni. Il vino è la sintesi sorprendente dei profumi di tutto ciò che ci circonda, perché ha nella sua natura più profonda le tracce della terra, dei fiori, dei frutti, delle spezie, del mare, della montagna, del vento, della luce e di tante altre cose che nobilmente rappresenta.
L’atto iniziale di chiunque si avvicini al vino è infatti quello di portare il calice al proprio naso per sentirne il profumo, roteando delicatamente il bicchiere, affinché il vino in esso contenuto, simile alla Terra che ruota intorno al proprio asse, possa sprigionare la sua intimità olfattiva. Da quando esiste l’uomo, nella sua cultura gastronomica non c’è altra bevanda o cibo che preveda questo meraviglioso rituale di incontro tra sensibilità, natura ed emozione. È una gestualità mitica, quella legata al vino, che con la sua delicatezza ci aiuta a riappropriarci del nostro tempo e del nostro equilibrio interiore.''
Ecco la prefazione del libro ''Il Respiro del Vino'' di Luigi Moio, professore ordinario di Enologia all'Università degli Studi di Napoli Federico II ed esperto degli aspetti sensoriali, biochimici e tecnologici dell'aroma del vino.
Già da queste poche righe possiamo intuire l'importanza dell'analisi olfattiva. Perché è innegabile che senza la percezione degli odori difficilmente riusciremmo a capire che cosa stiamo bevendo, in particolare che vino stiamo assaggiando.
Ecco, quindi, che centrali diventano le molecole odorose, la loro struttura, il loro combinarsi, il loro sistemarsi su strati diversi e i sensi con cui noi le percepiamo. Quindi la vista, “il senso dei sensi”, l’udito, “il senso dell’equilibrio”, il tatto, quello che è diventato “il senso più esteso”, l’olfatto, “il senso dimenticato”, quello per più tempo abbandonato perché considerato il meno utile, e invece ora etichettato come il più affascinante, anche perché strettamente connesso con il gusto, al punto che spesso gustiamo di più con il naso che con la bocca. Infine il gusto, appunto, “il senso nascosto”, localizzato sul dorso nella lingua in maniera molto meno settoriale (dolce sulla punta, amaro in fondo, acido e salato ai lati) di quanto si crede. Gusto che si è arricchito di altre sensazioni: l’umami, ovvero il saporito, scoperto da uno studioso giapponese oltre 100 anni fa, ma rimasto sconosciuto fino al 2002, e il grasso.
L'olfatto è il senso che gli uomini utilizzano assai poco prima di portare un cibo alla bocca, tanto da considerare l’operazione un gesto poco educato, mentre gli animali non assaggiano se prima non hanno annusato, temendo per la loro incolumità. Olfatto, però, che anche grazie al vino è stato riscoperto e rivalutato, capace com’è di regalare emozioni uniche.
E’ anche vero che identificare e riconoscere gli aromi nel vino è uno degli esercizi più complicati cui ogni appassionato si cimenta ogni volta che si ritrova con l’amata bevanda nel calice.
Individuare determinati sentori, note e sfumature è un’abilità che va allenata, essendo l’olfatto il senso che più spesso viene stimolato da una infinita serie di input che vanno a costituire la nostra memoria olfattiva.
Il nostro cervello è una sorta di dossier che va a catalogare queste informazioni è in continuo aggiornamento, e la capacità di riconoscere un profumo piuttosto che un altro dipende da quanto questo dossier è ricco e completo.
Se non abbiamo mai sentito il profumo emanato dalla vaniglia, per esempio, è impossibile riuscirlo ad identificare, nonostante questo aroma sia uno dei più comuni nel vino, dovuto all’utilizzo delle botti di legno durante l’affinamento.
I profumi (o aromi) del vino dipendono da oltre 220 molecole odorose (volatili) presenti nel liquido in concentrazioni variabili. Avete letto bene! Oltre 220 molecole che creano interazioni complesse tra loro e definiscono l’insieme delle sensazioni olfattive di un vino: quello che viene denominato "il bouquet".
Gli aromi del vino dipendono certamente dalla varietà di uva da cui viene prodotto, ma anche dalle condizioni pedoclimatiche del vigneto (il famoso ''terroir''), dalle tecniche di vinificazione adottate e dal tipo di affinamento (durata e materiale utilizzato).
Altri fattori che influenzano gli aromi del vino sono lo stato di conservazione, la temperatura di servizio, il tipo di calice utilizzato e la percezione/sensibilità olfattiva individuale. Riuscire a riconoscere gli aromi del vino non è una pratica semplice. Servono curiosità, studio, esercizio, e tanta pratica degustativa per poter individuare e memorizzare un ampio archivio di profumi e aromi del vino e soprattutto per capirne il loro significato enologico.
Per entrare un po’ più nel dettaglio, ma non troppo, è riconosciuto che nel vino i sentori olfattivi si suddividono in tre classi: aromi primari, secondari e terziari.
Gli aromi primari (detti anche varietali) sono quelli tipici del vitigno. Sono dunque legati esclusivamente alle caratteristiche olfattive intrinseche dell'uva. Si pensi ai vitigni aromatici come il Moscato ed il Gewurztraminer, per citare i più conosciuti; nei vitigni aromatici si possono riconoscere aromi come la salvia, il finocchio, l’alloro, il timo, il basilico, la lavanda, l’origano, il prezzemolo e la maggiorana e di solito sono quelli che arrivano alla prima “annusata”. Sono tipici dei vini bianchi e di qualche rosato.
Gli aromi secondari sono basicamente gli aromi di fiori e frutta. In entrambi i casi vale l’abbinamento cromatico tra i fiori e la frutta ed il relativo vino; vale a dire che in un vino bianco ritroveremo aromi di fiori bianchi e frutta a polpa bianca, e viceversa per i rossi. Fanno parte dei secondari anche i sentori erbacei, che di solito richiamano sentori di vegetali verdi ed erba appena tagliata. La gamma di aromi secondari si ritrova tanto nei vini bianchi che in quelli rossi, sia giovani che invecchiati.
Gli aromi terziari sono tipici dei vini che hanno subito una certa evoluzione in bottiglia e/o un certo affinamento in legno, anfora etc etc quindi solitamente più facilmente riscontrabili nei vini rossi. Rientrano in questa categoria i sentori di spezie come l’anice, la cannella, il chiodo di garofano, la liquirizia, la noce moscata, lo zenzero, il pepe, la vaniglia e lo zafferano. Oltre alle spezie, ne fanno parte gli aromi di cioccolato e tabacco, di legno bagnato (o quello che viene chiamato “sottobosco”) e cuoio.
Ed i vini LE LASE?
Da noi, lo Chardonnay (Goccia) spicca per il suo sentore di margherita, il Violone (Terra) per il suo profumo di violetta, il Cabernet Sauvignon (Cautha) rimanda a sentori erbacei di erbe aromatiche… devi solo provarli e fare tante olfazioni!
Cheers!!
Ultima curiosità : la differenza tra il termine ODORE e AROMA.
L'odore corrisponde alla percezione olfattiva nasale diretta, cioè dopo l'annusamento. L'aroma invece è lo stimolo olfattivo percepito per via retronasale, dopo l’introduzione del vino nella cavità orale. La masticazione e la deglutizione, infatti, generano un “ritorno olfattivo” importante.
Odore, ad esempio, di caffè che percepiamo da una moka; aroma di cui ci deliziamo nel momento in cui portiamo alla bocca il caffè stesso.